Paradiso: Canto XI

O insensata cura de' mortali,
quanto son difettivi silogismi
quei che ti fanno in basso batter l'ali!

Chi dietro a iura, e chi ad amforismi
sen giva, e chi seguendo sacerdozio,
e chi regnar per forza o per sofismi,

e chi rubare, e chi civil negozio,
chi nel diletto de la carne involto
s'affaticava e chi si dava a l'ozio,

quando, da tutte queste cose sciolto,
con Beatrice m'era suso in cielo
cotanto gloriosamente accolto.

Poi che ciascuno fu tornato ne lo

Paradiso: Canto V

di la` dal modo che 'n terra si vede,
si` che del viso tuo vinco il valore,

non ti maravigliar; che' cio` procede
da perfetto veder, che, come apprende,
cosi` nel bene appreso move il piede.

Io veggio ben si` come gia` resplende
ne l'intelletto tuo l'etterna luce,
che, vista, sola e sempre amore accende;

e s'altra cosa vostro amor seduce,
non e` se non di quella alcun vestigio,
mal conosciuto, che quivi traluce.

Tu vuo' saper se con altro servigio,
per manco voto, si puo` render tanto

Paradiso: Canto IV

Intra due cibi, distanti e moventi
d'un modo, prima si morria di fame,
che liber'omo l'un recasse ai denti;

si` si starebbe un agno intra due brame
di fieri lupi, igualmente temendo;
si` si starebbe un cane intra due dame:

per che, s'i' mi tacea, me non riprendo,
da li miei dubbi d'un modo sospinto,
poi ch'era necessario, ne' commendo.

Io mi tacea, ma 'l mio disir dipinto
m'era nel viso, e 'l dimandar con ello,
piu` caldo assai che per parlar distinto.

Fe' si` Beatrice qual fe' Daniello,

Paradiso: Canto III

Quel sol che pria d'amor mi scaldo` 'l petto,
di bella verita` m'avea scoverto,
provando e riprovando, il dolce aspetto;

e io, per confessar corretto e certo
me stesso, tanto quanto si convenne
leva' il capo a proferer piu` erto;

ma visione apparve che ritenne
a se' me tanto stretto, per vedersi,
che di mia confession non mi sovvenne.

Quali per vetri trasparenti e tersi,
o ver per acque nitide e tranquille,
non si` profonde che i fondi sien persi,

tornan d'i nostri visi le postille

Paradiso: Canto II

O voi che siete in piccioletta barca,
desiderosi d'ascoltar, seguiti
dietro al mio legno che cantando varca,

tornate a riveder li vostri liti:
non vi mettete in pelago, che' forse,
perdendo me, rimarreste smarriti.

L'acqua ch'io prendo gia` mai non si corse;
Minerva spira, e conducemi Appollo,
e nove Muse mi dimostran l'Orse.

Voialtri pochi che drizzaste il collo
per tempo al pan de li angeli, del quale
vivesi qui ma non sen vien satollo,

metter potete ben per l'alto sale

Paradiso: Canto I

La gloria di colui che tutto move
per l'universo penetra, e risplende
in una parte piu` e meno altrove.

Nel ciel che piu` de la sua luce prende
fu' io, e vidi cose che ridire
ne' sa ne' puo` chi di la` su` discende;

perche' appressando se' al suo disire,
nostro intelletto si profonda tanto,
che dietro la memoria non puo` ire.

Veramente quant'io del regno santo
ne la mia mente potei far tesoro,
sara` ora materia del mio canto.

O buono Appollo, a l'ultimo lavoro

Purgatorio: Canto XXXIII

'Deus, venerunt gentes', alternando
or tre or quattro dolce salmodia,
le donne incominciaro, e lagrimando;

e Beatrice sospirosa e pia,
quelle ascoltava si` fatta, che poco
piu` a la croce si cambio` Maria.

Ma poi che l'altre vergini dier loco
a lei di dir, levata dritta in pe`,
rispuose, colorata come foco:

'Modicum, et non videbitis me;
et iterum, sorelle mie dilette,
modicum, et vos videbitis me'.

Poi le si mise innanzi tutte e sette,
e dopo se', solo accennando, mosse

Purgatorio: Canto XXXII

Tant'eran li occhi miei fissi e attenti
a disbramarsi la decenne sete,
che li altri sensi m'eran tutti spenti.

Ed essi quinci e quindi avien parete
di non caler - cosi` lo santo riso
a se' traeli con l'antica rete! -;

quando per forza mi fu volto il viso
ver' la sinistra mia da quelle dee,
perch'io udi' da loro un >;

e la disposizion ch'a veder ee
ne li occhi pur teste' dal sol percossi,
sanza la vista alquanto esser mi fee.

Ma poi ch'al poco il viso riformossi

Purgatorio: Canto XXXI

>,
volgendo suo parlare a me per punta,
che pur per taglio m'era paruto acro,

ricomincio`, seguendo sanza cunta,
tua confession conviene esser congiunta>>.

Era la mia virtu` tanto confusa,
che la voce si mosse, e pria si spense
che da li organi suoi fosse dischiusa.

Poco sofferse; poi disse: Rispondi a me; che' le memorie triste
in te non sono ancor da l'acqua offense>>.

Confusione e paura insieme miste
mi pinsero un tal > fuor de la bocca,

Purgatorio: Canto XXVI

Mentre che si` per l'orlo, uno innanzi altro,
ce n'andavamo, e spesso il buon maestro
diceami: >;

feriami il sole in su l'omero destro,
che gia`, raggiando, tutto l'occidente
mutava in bianco aspetto di cilestro;

e io facea con l'ombra piu` rovente
parer la fiamma; e pur a tanto indizio
vidi molt'ombre, andando, poner mente.

Questa fu la cagion che diede inizio
loro a parlar di me; e cominciarsi
a dir: >;

poi verso me, quanto potean farsi,
certi si fero, sempre con riguardo

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