Inferno: Canto X

Ora sen va per un secreto calle,
tra 'l muro de la terra e li martiri,
lo mio maestro, e io dopo le spalle.

mi volvi>>, cominciai, parlami, e sodisfammi a' miei disiri.

La gente che per li sepolcri giace
potrebbesi veder? gia` son levati
tutt'i coperchi, e nessun guardia face>>.

E quelli a me: quando di Iosafat qui torneranno
coi corpi che la` su` hanno lasciati.

Suo cimitero da questa parte hanno
con Epicuro tutti suoi seguaci,
che l'anima col corpo morta fanno.

Inferno: Canto IX

Quel color che vilta` di fuor mi pinse
veggendo il duca mio tornare in volta,
piu` tosto dentro il suo novo ristrinse.

Attento si fermo` com'uom ch'ascolta;
che' l'occhio nol potea menare a lunga
per l'aere nero e per la nebbia folta.

>,
comincio` el, Oh quanto tarda a me ch'altri qui giunga!>>.

I' vidi ben si` com'ei ricoperse
lo cominciar con l'altro che poi venne,
che fur parole a le prime diverse;

ma nondimen paura il suo dir dienne,
perch'io traeva la parola tronca

Inferno: Canto VIII

Io dico, seguitando, ch'assai prima
che noi fossimo al pie` de l'alta torre,
li occhi nostri n'andar suso a la cima

per due fiammette che i vedemmo porre
e un'altra da lungi render cenno
tanto ch'a pena il potea l'occhio torre.

E io mi volsi al mar di tutto 'l senno;
dissi: quell'altro foco? e chi son quei che 'l fenno?>>.

Ed elli a me: gia` scorgere puoi quello che s'aspetta,
se 'l fummo del pantan nol ti nasconde>>.

Corda non pinse mai da se' saetta

Inferno: Canto VII

>,
comincio` Pluto con la voce chioccia;
e quel savio gentil, che tutto seppe,

disse per confortarmi: la tua paura; che', poder ch'elli abbia,
non ci torra` lo scender questa roccia>>.

Poi si rivolse a quella 'nfiata labbia,
e disse: consuma dentro te con la tua rabbia.

Non e` sanza cagion l'andare al cupo:
vuolsi ne l'alto, la` dove Michele
fe' la vendetta del superbo strupo>>.

Quali dal vento le gonfiate vele
caggiono avvolte, poi che l'alber fiacca,

Inferno: Canto VI

Al tornar de la mente, che si chiuse
dinanzi a la pieta` d'i due cognati,
che di trestizia tutto mi confuse,

novi tormenti e novi tormentati
mi veggio intorno, come ch'io mi mova
e ch'io mi volga, e come che io guati.

Io sono al terzo cerchio, de la piova
etterna, maladetta, fredda e greve;
regola e qualita` mai non l'e` nova.

Grandine grossa, acqua tinta e neve
per l'aere tenebroso si riversa;
pute la terra che questo riceve.

Cerbero, fiera crudele e diversa,

Inferno: Canto V

Cosi` discesi del cerchio primaio
giu` nel secondo, che men loco cinghia,
e tanto piu` dolor, che punge a guaio.

Stavvi Minos orribilmente, e ringhia:
essamina le colpe ne l'intrata;
giudica e manda secondo ch'avvinghia.

Dico che quando l'anima mal nata
li vien dinanzi, tutta si confessa;
e quel conoscitor de le peccata

vede qual loco d'inferno e` da essa;
cignesi con la coda tante volte
quantunque gradi vuol che giu` sia messa.

Sempre dinanzi a lui ne stanno molte;

Inferno: Canto IV

Ruppemi l'alto sonno ne la testa
un greve truono, si` ch'io mi riscossi
come persona ch'e` per forza desta;

e l'occhio riposato intorno mossi,
dritto levato, e fiso riguardai
per conoscer lo loco dov'io fossi.

Vero e` che 'n su la proda mi trovai
de la valle d'abisso dolorosa
che 'ntrono accoglie d'infiniti guai.

Oscura e profonda era e nebulosa
tanto che, per ficcar lo viso a fondo,
io non vi discernea alcuna cosa.

>,
comincio` il poeta tutto smorto.
>.

Paradiso: Canto XXXII

Affetto al suo piacer, quel contemplante
libero officio di dottore assunse,
e comincio` queste parole sante:

quella ch'e` tanto bella da' suoi piedi
e` colei che l'aperse e che la punse.

Ne l'ordine che fanno i terzi sedi,
siede Rachel di sotto da costei
con Beatrice, si` come tu vedi.

Sarra e Rebecca, Iudit e colei
che fu bisava al cantor che per doglia
del fallo disse 'Miserere mei',

puoi tu veder cosi` di soglia in soglia
giu` digradar, com'io ch'a proprio nome

Paradiso: Canto XXV

Se mai continga che 'l poema sacro
al quale ha posto mano e cielo e terra,
si` che m'ha fatto per molti anni macro,

vinca la crudelta` che fuor mi serra
del bello ovile ov'io dormi' agnello,
nimico ai lupi che li danno guerra;

con altra voce omai, con altro vello
ritornero` poeta, e in sul fonte
del mio battesmo prendero` 'l cappello;

pero` che ne la fede, che fa conte
l'anime a Dio, quivi intra' io, e poi
Pietro per lei si` mi giro` la fronte.

Indi si mosse un lume verso noi

Paradiso: Canto XXIV

del benedetto Agnello, il qual vi ciba
si`, che la vostra voglia e` sempre piena,

se per grazia di Dio questi preliba
di quel che cade de la vostra mensa,
prima che morte tempo li prescriba,

ponete mente a l'affezione immensa
e roratelo alquanto: voi bevete
sempre del fonte onde vien quel ch'ei pensa>>.

Cosi` Beatrice; e quelle anime liete
si fero spere sopra fissi poli,
fiammando, a volte, a guisa di comete.

E come cerchi in tempra d'oriuoli

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